La Memoria dell’antico: dal mondo scultoreo antico alle relative copie ed imitazioni. Di Geneviève Bresc-Bautier e Cyrille Gouyette

(dal catalogo della mostra)

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Il tema dell’antichità, studiato, ammirato, assimilato, rivisto, copiato, trasformato, non è stato solamente una delle costanti dell’ambizione artistica, è stato anche il motore per il risveglio dell’arte, della bellezza e della cultura. Questo tema ha unito la Francia e l’Italia, che ritrovano così l’origine comune del loro sviluppo, rinnovata nel corso degli anni, ma originata sempre attraverso il ricordo di un’antichità sognata.
Il Museo del Louvre propone una selezione di sculture sul tema “La memoria dell’antico. D’après l’Antique”, opere volte a mostrare, partendo da esempi celebri della scultura greco- romana, come l’antichità sia stata un modello di riferimento assoluto per gli artisti europei sin dal Medioevo e un oggetto di diletto per il pubblico, che ne ha richiesto la diffusione.
Si sarebbe potuto scegliere di presentare gli elementi principali che l’arte moderna ha apprezzato dell’arte antica: la preminenza della bellezza del corpo umano, la ricerca dell’ideale, il gusto del movimento, la diversità del panneggio, le regole dell’espressione, le proporzioni del corpo e dell’architettura. Noi abbiamo al contrario insistito sul modo, più tecnico, attraverso il quale i capolavori dell’antichità sono stati copiati, imitati, citati e diffusi, e come essi sono stati trasformati, a volte addirittura deformati, dagli sguardi dei loro ammiratori.
L’estesa celebrità dello “Spinario” e del “Marco Aurelio” (del Capitolino), del “Gladiatore” e della “Ninfa con la Conchiglia” (della Collezione Borghese, acquistate dal Louvre nel 1811), e della “Venere di Milo” (entrata al Louvre nel 1821) è dovuta senza dubbio alla loro permanenza in luoghi prestigiosi, dove artisti e viaggiatori hanno potuto vederle ed ammirarle. Ma soprattutto l’ampio riconoscimento si diffonde mediante la loro eredità artistica e la loro larga diffusione attraverso le riproduzioni. La conoscenza di queste opere è solitamente legata alle invenzioni tecniche, alle copie, alle incisioni, alle riduzioni meccaniche, fino all’invenzione della fotografia. A partire dalla riproduzione, molto spesso, l’opera d’arte è oggetto di trascrizioni, più o meno fedeli, che si ispirano nei riferimenti formali e intellettuali all’ideale antico, ma che, al tempo stesso, se ne discostano.

Al fianco della “Nike di Samotracia”, che, al Louvre, accoglie il pubblico dall’alto di una monumentale scalinata, noi abbiamo dunque scelto delle piccole cartelle divise in cinque argomenti:

La riduzione meccanica come diffusione del modello antico, è rappresentata dalla “Venere di Milo” e dalle varie statuette che la riproducono, divenute ormai oggetti-souvenirs.
La riproduzione attraverso il calco, ricorda la campagna intrapresa da Francesco I, il quale acquistò una copia in bronzo dello “Spinario”, e fece eseguire da Primaticcio e Vignola le copie delle statue antiche presenti al Belvedere del Vaticano (“Laocoonte”, “Venere”, “Apollo”, “Ercole – Commodo”, “Arianna”) così come il “Marco Aurelio” del Capitolino.
La diffusione grazie alle incisioni è illustrata dai tratti (disegni) di Vitruvio, e attraverso l’immagine del “Marco Aurelio” del Capitolino, entrambi diventeranno modelli per capitelli e statue reali.
La copia interpretativa è stata realizzata da una serie di artisti che, pur rifacendosi alla classicità, la rivisitano per migliorarla. La “correzione” avviene solo se non c’è corrispondenza completa al loro ideale, o se necessaria per l’adattamento ai nuovi luoghi e a alle nuove funzioni. Così il “Gladiatore Borghese”, gigantesca immagine dinamica d’Agasia, diventa statuetta da diletto, trascritta in bronzo dai collezionisti, o modellata in terracotta da Nicolas Coustou, scultore di Luigi XIV. Al contrario, un altro scultore di Luigi XIV, zio del precedente, Antoine Coysevox, ingrandisce la piccola figura della “Ninfa con la Conchiglia” Borghese per farne una grande copia in marmo per il giardino di Versailles. La testa del “Laocoonte”, separata dal resto del contesto, e il viso austero dello “pseudo-Seneca”, diventano delle teste d’espressione, ritoccate dagli scultori del XVII secolo.
La filiazione simbolica e il riferimento politico possono trascinarci lontano tanto quanto la cultura dell’antichità è stata presente nell’insegnamento artistico. La prima è in questo modo manifestata attraverso la comparazione di due rilievi, l’uno antico e l’altro che introduce dei motivi classicheggianti. È allora che il rimando politico all’antichità si presenta come un modello a volte di democrazia (il modello ateniese o la repubblica romana), a volte come potere imperiale. Caratteristica rappresentata dalla piccola statuetta raffigurante Carlo Magno, scultura che riprende in forma ridotta la postura di Marco Aurelio, modello imprescindibile per tutte le successive statue equestri di sovrani o di uomini politici.

Collaborazione di due musei che utilizzano il calco come mediazione
Al Louvre, la galleria tattile presenta dimensioni ridotte. Il Museo Tattile Statale Omero è di tutt’altre dimensioni, così come lo spazio dedicato alle mostre presso la Mole Vanvitelliana. Con questa collaborazione si è cercato di associare alcuni dei capolavori presenti al Louvre con delle opere della collezione del Museo Omero, in particolare del suo patrimonio architettonico, al fine di estendere e di completare questa vocazione del fascino antico, in modo da completarla.
Così prende forma l’associazione di due luoghi pionieri in materia di mediazione tattile. La galleria tattile del Louvre, la prima di questo genere in un museo francese, e il Museo Omero, primo e unico museo tattile italiano, si rilevano entrambi della medesima volontà politica, quella di rendere accessibile il patrimonio artistico al pubblico con disabilità visiva.
I calchi sono indispensabili ai non vedenti per conoscere la scultura proprio attraverso l’approccio tridimensionale che più gli è tipico. La scultura che è la sola forma d’arte che può essere percepita attraverso il tatto, offre ai disabili visivi delle possibilità di piacere artistico. Così, il calco che, come abbiamo visto, per vocazione è la base dell’educazione degli artisti e la fonte di piacere per i collezionisti, trova un senso nuovo come unico modo di diffusione oggettivo della conoscenza per i non vedenti.