Vado dove voglio, oppure vado quando posso. Gabriella Papini intervista Fabrizio Vescovo

Fabrizio Vescovo, architetto dell’accessibilità

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– Fabrizio Vescovo, lei è un architetto esperto ai massimi livelli per il tema dell’accessibilità. In particolare lei ha avuto modo di studiare e progettare soluzioni per luoghi culturali e ambiti inclusivi in senso totale. Cioè luoghi per tutti. Come e quando nasce questa sua professionalità che resta ancora molto innovativa?
Accessibilità non si riferisce solo alle barriere architettoniche e comunque legate alla mobilità, il senso è oggi certamente più ampio. Può indicarci oggi quale è per lei questo significato?

Il desiderio, anzi l’impegno, di voler svolgere la professione di architetto tenendo anche conto delle esigenze relative alla mobilità di una grande pluralità di persone risale a molti anni fa. Era il lontano 1972 e da poco era stata emanata la prima legge nazionale contro le barriere architettoniche (l. n.118/71). E da li siamo andati decisamente avanti.

– Come coordinatore scientifico del Gruppo di lavoro che sta elaborando le nuove “Linee guida psico-sensoriali e cognitive” presso il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Mibact, relativamente alle normative nazionali sulla disabilità visiva, come considera i cambiamenti e i progressi che le disposizioni di legge hanno comportato fino ad oggi e come hanno cambiato la realtà dell’accesso al patrimonio cultuale, in particolare quello museale? Ci saranno ulteriori passi avanti?

Già nell’ambito del DM 236/1989 – Regolamento di attuazione della Legge n.13/89 esistono svariati ed essenziali riferimenti tecnici ai “requisiti prestazionali” da tenere in conto in sede di progettazione o adeguamento di strutture pubbliche o aperte al pubblico. Al proposito, peraltro, non vengono mai “prescritte” soluzioni pre-confezionate, esplicite ed obbligatorie in tema di soluzioni dei problemi delle persone con difficoltà sensoriali.
Tutto ciò dipende dal fatto che allo stato attuale purtroppo non esistono ancora soluzioni tecniche ottimali in grado di poter risolvere positivamente le numerose e diversificate difficoltà che incontrano le persone che hanno difficoltà visive.

Più affrontabili risultano le esigenze ed i suggerimenti per chi ha problemi visivi relativamente agli spazi delimitati e/o racchiusi (volumi edilizi come musei, ecc.) nei confronti degli adeguamenti e/o facilitazioni che è possibile mettere in atto al proposito. Ben altre difficoltà sussistono nei confronti degli spazi aperti urbani (come strade, piazze, ecc,) generalmente interessate e coinvolte dalla circolazione dei veicoli che, di fatto, costituisce il maggiore rischio per i pedoni che fanno parte della cosiddetta “utenza debole”. Purtroppo basta osservare e verificare negli ambienti urbani quale uso venga concretamente fatto e quale sia il reale beneficio che scaturisce dai numerosi interventi che sono stati “imposti” da venditori di materiali e messi in atto dalle Amministrazioni pubbliche (comunali, aeroportuali, ferroviarie, ecc.), peraltro senza un verificabile e consistente beneficio per la collettività.
Sotto questo profilo, invece, potrebbe ottenersi un percepibile miglioramento, per la vita quotidiana delle persone ipovedenti e non vedenti, qualora in corrispondenza degli incroci urbani semaforizzati venissero predisposte le dovute segnalazioni acustiche e le opportune “linee guida” in rilievo, al centro delle strisce pedonali, usando materiali appropriati in grado di favorire realmente l’attraversamento della carreggiata, mediante l’uso del bastone lungo.
Al proposito è interessante confrontare la Pubblicazione del Ministero dei Lavori Pubblici, “Direttive inerenti le facilitazioni per la circolazione e la sosta dei veicoli al servizio delle persone invalide” – Aprile 1985, nonché il più recente Manuale ACI (Automobil Club)- “Linee guida per la progettazione degli attraversamenti pedonali”, pag. 82 – Percorso tattile direzionale lungo l’attraversamento.

– Processi integrati di accessibilità e fruibilità hanno fatto aumentare il numero di visitatori e di pubblico, o l’aumento si riferisce solo a visitatori coinvolti, cioè a cittadini che necessitano di attenzioni particolari? L’inclusione significa tutto per tutti? Oppure no?

Certamente ridurre gli ostacoli fisici nei luoghi della cultura significa anche aumentare concretamente la fascia di utenza che ricomprende sempre più anche le persone anziane che generalmente necessitano di un poco più di attenzione.

– Lei ha realizzato progetti di accessibilità e fruibilità di luoghi culturali come parchi e giardini, che hanno grande rilevanza e connotano iniziative pilota, anche sul piano scientifico. Quale è quello che le ha dato più gioia e soddisfazione? E comunque può citarci una realizzazione positiva?

Aver potuto lavorare e suggerire soluzioni tecniche, in atto da oltre dieci anni, per rendere fruibile da tutti la meravigliosa Villa d’Este a Tivoli è stata veramente una scommessa. Vinta. In particolare, tra le altre, si è prevista una “soluzione alternativa”, tuttora valida e risolutiva, che consiste nella possibilità di effettuare, su richiesta, una visita dei principali percorsi e dei luoghi di grande interesse utilizzando alcuni piccoli mezzi elettrici (club-car). Questi sono condotti dal personale addetto che costituisce anche una preziosa guida turistica. Lungo il percorso è, tra l’altro, possibile godere dei suoni fantastici che provengono dall’organo ad acqua di una delle monumentali fontane del parco.

– Vado dove voglio, oppure vado dove posso? Questo è ancora un problema e un dubbio per molti? Oppure siamo arrivati alla meta?

Purtroppo siamo ancora molto lontani da questo obiettivo, peraltro fondamentale ed irrinunciabile. L’unica maniera di migliorare la situazione attuale ed adeguarsi alle prescrizioni vigenti è quella di perseverare cercando di far comprendere a tutti che gli utenti con disabilità visive vanno aumentando, anche per l’allungamento della vita media, e pertanto è sempre più un problema sociale.