La formazione per l’accessibilità al patrimonio culturale, un impegno condiviso. Di Elisabetta Borgia

Elisabetta Borgia, Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo
Direzione Generale Educazione e Ricerca
Servizio I – Ufficio Studi – Centro per i servizi educativi

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Il patrimonio culturale costituisce un sistema dinamico che riflette valorialità in continuo mutamento. Definire contenuti materiali e immateriali da trasmettere alle generazioni future non attiene, dunque, solo alle istituzioni culturali, ma a tutti i cittadini, che a pieno titolo, in qualità di singoli e comunità, esprimono interesse verso aspetti specifici della propria eredità culturale, manifestando anche volontà di interazione personale e creativa con essa.
Un ruolo attivo che travalica i termini della semplice azione conoscitiva e che oggi, in un quadro di progressiva democratizzazione della cultura, muove verso percorsi più ampi, da costruire nel segno di una partecipazione diretta, attiva e, talvolta, paritetica, dei singoli e delle comunità nel processo di riconoscimento della propria eredità. Incrementare saperi e competenze, dunque, ma anche, costruire, insieme, consapevolezza del ruolo sociale di ognuno in rapporto ai beni culturali e paesaggistici, alla loro tutela e valorizzazione.
Premessa che riconduce ad un’idea di patrimonio quale contesto legato alla crescita personale ed al benessere sociale dell’individuo, spazio condiviso dove esercitare diritto di partecipazione culturale e impegno civico.
Da ciò ne deriva la necessità di ampliare i termini dell’accessibilità ai luoghi ed ai contenuti della cultura, secondo quanto auspicato dal basso e raccomandato nelle attuali politiche nazionale e comunitarie in materia, come nella recente Strategia del patrimonio culturale europeo per il XXI secolo del Consiglio d’Europa, nella quale l’invito è ad affrontare le sfide future nell’ottica di un’apertura alla partecipazione attiva del pubblico, come messo in evidenza nelle stesse azioni strategiche suggerite, in particolare in quelle relative alla componente sociale.
Lo stesso indirizzo è presente nel Quadro d’azione europeo sul patrimonio culturale, definito dalla Commissione europea nel 2019 per dare continuità a quanto conseguito nell’Anno europeo del patrimonio culturale, all’interno del quale sono definiti cinque pilastri, il primo dei quali si incardina su un’idea di patrimonio culturale per un’Europa inclusiva, riconoscendo valore prioritario alla partecipazione e all’accesso culturale per tutti.
Eppure, sebbene si tratti di indicazioni già chiaramente presenti in documenti come la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009 e di principi espressi, seppure in termini più generali, nel nostro dettato costituzionale (Art. 3) e nella coeva Dichiarazione universale dei diritti umani (Art. 27), non sempre l’accessibilità viene garantita.
Non si tratta, d’altro canto, di un obiettivo facile da raggiungere in senso assoluto e in ogni luogo, richiede talvolta investimenti economici significativi, scelte progettuali che possono incontrare ostacoli oggettivi in alcuni contesti storici, approcci museologici e museografici in possibile conflitto con i principi stessi della tutela e della conservazione.
Tuttavia, ancora troppo spesso, anche laddove non mancherebbero le condizioni, gli interventi per ampliare l’accessibilità ai luoghi ed ai contenuti culturali non vengono posti in essere. In questi casi, allora, occorre riflettere su quali siano le vere barriere ed agire per rimuoverle, occorre riconoscere gli approcci errati e far acquisire consapevolezza che una fruizione ampliata costituisce un arricchimento dell’offerta culturale per tutti.
Il primo passo, tralasciando ora il segmento importantissimo dell’educazione scolastica e della formazione universitaria, è quello di indirizzare azioni di sensibilizzazione verso quanti operano nei beni culturali, dal livello direttivo a quello della prima accoglienza, in un museo così come in un archivio o in una biblioteca.
Fondamentale, poi, curare una formazione mirata sul tema, che interessi le diverse figure professionali coinvolte direttamente nel miglioramento delle condizioni di accesso e fruizione del patrimonio, dai responsabili dei servizi educativi, agli operatori dell’accoglienza, dai curatori delle collezioni ai referenti per la comunicazione, dagli informatici agli architetti, affinché pongano alla base di ogni loro intervento o attività le riflessioni e le possibili soluzioni per accrescere l’accessibilità a luoghi e contenuti.
Una sfida sempre più al centro degli interessi del Ministero per i beni e le attività culturali e per il Turismo e della stessa Direzione Generale Educazione e Ricerca a cui è affidata la cura delle attività educative e formative nel settore, espressa attraverso la definizione di piani triennali e di piani attuativi annuali per la formazione e tramite lo sviluppo, d’intesa con il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici, di un Piano nazionale dell’educazione al patrimonio culturale, centrato anche per l’anno in corso sui tre principi trasversali dell’accessibilità, della partecipazione e della comunicazione.
L’impegno della Direzione Generale Educazione e Ricerca e del Centro per i servizi educativi muove, inoltre, nel quadro di una collaborazione con gli altri Istituti del Ministero, così come nell’indirizzo di un’azione congiunta con le diverse agenzie formative nazionali ed in accordo con le realtà territoriali che, a diverso titolo, contribuiscono ad ampliare i termini di una partecipazione consapevole al patrimonio culturale.
E’ all’interno del contesto sin qui delineato che si collocano iniziative come il percorso formativo Metodi e strumenti per rendere accessibili musei e luoghi della cultura alle persone con disabilità visiva che si è svolto tra il mese di novembre del 2018 ed il mese di settembre del 2019.
Il corso, promosso dal Parco Archeologico del Colosseo in sinergia con la Direzione Generale Educazione e Ricerca, è stato curato dal Museo Tattile Statale Omero di Ancona e svolto in un’ottica di scambio e di collaborazione, a partire dall’apertura verso le altre istituzioni museali del MiBACT presenti nel Lazio a cui il Parco archeologico del Colosseo ha dato la possibilità di partecipare.
Articolato in 15 moduli, per un totale di circa 100 ore, il corso è stato finalizzato all’acquisizione di conoscenze e competenze utili alla progettazione ed alla realizzazione di percorsi e attività educative accessibili alle persone con disabilità visiva ed ha previsto la messa in atto di metodologie utili alla definizione di possibili percorsi progettuali, da porre in essere nell’ambito delle attività curate dai servizi educativi dei singoli Istituti.
Le dinamiche poste in essere in ognuno degli incontri formativi, in forza di una consolidata esperienza didattica di tutti i docenti, di una predisposizione all’ascolto ed al confronto dialettico, nonché di una conoscenza dei temi profondamente strutturata e ampiamente collaudata sul campo, hanno determinato risultati eccellenti in termini di competenze acquisite da parte dei discenti.
Le capacità comunicative e di mediazione interpersonale, nonché le qualità umane, che qualificano quanti lavorano sotto la guida del Presidente Aldo Grassini, sono state determinanti, infine, per la costruzione di un contesto formativo caratterizzato da un’atmosfera e da una partecipazione lieta, attenta e creativa, con esiti di segno assolutamente positivo anche nel consolidamento di una rete di contatti e di scambi tra coloro che hanno seguito gli incontri, un risultato ulteriore che aggiunge valore immediato e a lungo termine ad un’azione formativa da annoverare certamente tra le più recenti best practices nel settore.
Il Museo Tattile Statale Omero si conferma, dunque, un’importante istituzione di riferimento anche sul piano della formazione ed una preziosa risorsa per la costruttiva positività con cui trasmette il messaggio, sempre meno utopistico, di una piena accessibilità al patrimonio culturale.