Il museo secondo ICOM

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di Adele Maresca Compagna, vice-presidente di ICOM Italia.

Il 24 agosto a Praga è stata votata quasi all’unanimità la nuova definizione ICOM di museo, elaborata dal Comitato internazionale ICOM Define, a conclusione di un lungo percorso di riflessione e di analisi che ha tenuto conto del dibattito museologico degli ultimi anni e ha recepito le parole e i concetti chiave maggiormente condivisi dalla comunità internazionale, secondo quanto emerso dalle consultazioni dei Comitati nazionali e internazionali.

Un percorso non facile, considerato che l’idea stessa di museo e le forme che esso ha assunto nel tempo e nelle varie aree del mondo non sono identiche. Occorreva individuare un comun denominatore al di là di visioni e pratiche diverse, che sono influenzate talvolta da aspetti concreti (come la presenza o meno di collezioni di grande interesse culturale o naturale), talvolta da tradizioni particolari di produzione artistica, conservazione/trasmissione di beni alle generazioni future o da un contesto sociale ed economico difficile sul quale si vuole fortemente incidere (penso ai musei “comunitari” dell’America latina particolarmente sensibili alle esigenze di coinvolgimento delle comunità autoctone nella costruzione e conservazione, oltre che nella fruizione, di un patrimonio identitario).

L’obiettivo era quello di evidenziare sinteticamente le caratteristiche, il tratto distintivo di questa istituzione, la sua identità, le sue funzioni, il modus operandi e le finalità (come nella precedente definizione), prendendo atto delle trasformazioni della società contemporanea e delle istanze della nuova museologia, sottolineando con forza il ruolo sociale del museo e la sua capacità di concorrere allo sviluppo sostenibile, a livello locale e globale.
Già la letteratura e alcuni atti internazionali avevano registrato importanti cambiamenti di prospettiva:

  • l’ampliamento del concetto di patrimonio, che include quello naturale, poi quello immateriale fino ad arrivare con la Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa, a quello di eredità condivisa;
  • lo spostamento dell’attenzione dei professionisti dagli oggetti alle persone; la centralità dei pubblici nelle politiche e nelle attività dei musei;
  • l’enfasi sul loro ruolo attivo di questa istituzione nella società. La Raccomandazione UNESCO del 2015 sulla protezione e promozione dei musei, la loro diversità e il ruolo nella società aveva già sottolineato che i musei:
    • devono essere luoghi aperti, impegnati a garantire l’accesso fisico e culturale a tutti, compresi i gruppi più svantaggiati;
    • sono spazi di trasmissione culturale, di dialogo interculturale, di apprendimento, di discussione e di formazione, di educazione (formale, informale e permanente), di coesione sociale e di sviluppo sostenibile;
    • contribuiscono allo sviluppo economico, in particolare attraverso le industrie culturali e creative, il turismo, l’occupazione.

Un nuovo impegno sociale

La nuova definizione di museo, senza stravolgere le caratteristiche e le funzioni che contraddistinguono questa istituzione culturale, raccoglie queste sollecitazioni e propone una visione fortemente orientata verso l’impegno sociale.

“Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che effettua ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio materiale e immateriale.
Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Operano e comunicano eticamente e professionalmente e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze.”

Da un confronto con la precedente definizione del 2007, emergono elementi di continuità ed elementi di forte innovazione.

Le caratteristiche identitarie del museo sono confermate, e a nostro avviso è molto importante, in un mondo dove sembra trionfare la fluidità e la precarietà, che sia ribadito – nei confronti dei governi nazionali e locali, degli amministratori, delle comunità territoriali – il carattere permanente dell’istituzione (a cui è collegato un riconoscimento giuridico e un’organizzazione efficiente che garantisca la salvaguardia del patrimonio e una programmazione culturale di qualità attraverso la professionalità degli addetti). È inoltre fondamentale che sia richiamato il suo ruolo di servizio pubblico e l’assenza del fine di lucro.
Anche le funzioni restano quelle tradizionalmente riconosciute al museo, con alcune modifiche:

  • la ricerca è posta al primo posto in quanto considerata preliminare e necessaria per tutte le altre azioni;
  • il termine “acquisisce” è sostituito con “colleziona”, termine che si adatta meglio al patrimonio intangibile o diffuso e segna una distanza rispetto alla condizione di proprietà/possesso del bene;
  • viene inserita l'”interpretazione” accanto all’esposizione, a sottolineare il necessario sforzo di rielaborazione/mediazione dei molteplici significati e dei valori da condividere e comunicare.
    Un impegno che parte naturalmente dallo studio specialistico delle collezioni, ma che dovrebbe arricchirsi grazie al concorso di altre competenze, (sociologiche, antropologiche, scientifiche, storiche) e di figure di educatori/mediatori che sappiano porsi all’ascolto di istanze e visioni diverse, rappresentate da persone e gruppi portatori di culture, tradizioni, credenze religiose, orientamenti sessuali diversi o condizionate da particolari fragilità.

Nel secondo periodo del testo sono evidenziate la prospettiva e il modus operandi dei musei, con un passaggio, a prima vista non facilmente comprensibile, dal singolare al plurale, che intende probabilmente sottolineare il passaggio dalle caratteristiche generali e le funzioni tipiche dell’istituzione “museo” – come entità astratta – alle azioni concrete svolte dagli istituti museali, nella loro molteplice varietà.

Promozione della diversità

Proprio in questa parte sono inserite alcune parole chiave fortemente innovative, largamente condivise dalla comunità museale, e particolarmente care al Museo Omero:

  • l’accessibilità e l’inclusività, che vanno ben oltre l’apertura al pubblico della precedente definizione;
  • il rispetto e la promozione della diversità e della sostenibilità.

Il museo diventa quindi, aldilà dell’importanza delle collezioni, uno spazio aperto a tutti, senza barriere fisiche e cognitive, un laboratorio di approfondimento e di scambio tra identità e culture diverse, un luogo di ricerca e documentazione sulla storia, sull’evoluzione della scienza e delle civiltà, ma anche sulle questioni attuali, locali e globali. Il museo assume un ruolo importante per favorire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Per realizzare tutto questo, come suggerisce la definizione, è indispensabile la partecipazione delle comunità e, aggiungiamo noi, la costruzione di alleanze forti e durature con le amministrazioni locali, con i soggetti che compongono l’ecosistema culturale e sociale – biblioteche, archivi, scuole, università, associazionismo – e la struttura economica e produttiva dei territori.

Inoltre, per raggiungere le finalità per cui il museo opera, vale a dire l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze la definizione di ICOM propone di offrire “esperienze diversificate”, quindi individuare metodi, strumenti, linguaggi diversi, a seconda degli obiettivi e dei target che si desidera raggiungere. Si badi bene, la parola esperienza sta a significare un approccio più intenso e partecipato rispetto alla semplice visita, e un coinvolgimento emotivo oltre che intellettuale del visitatore on site e online.

L’uso delle tecnologie, a tal fine, può imprimere una svolta di grande impatto innovativo.
La digitalizzazione, la riproduzione delle opere ad alta risoluzione e in 3 D, la realtà aumentata, la produzione di video o podcast con finalità divulgative, ludiche o didattiche, permettono l’accesso e la partecipazione ad una più ampia platea di visitatori, in presenza o a distanza, e aprono tra l’altro enormi potenzialità di ricerca, di comunicazione, di sviluppo della creatività. Deve essere chiaro, tuttavia, che queste azioni non possono essere estemporanee e debbono inserirsi in una strategia generale che preveda una narrazione complessiva del museo e delle sue collezioni, articolata su contenuti e livelli di approfondimento diversi e affidata a strumenti tradizionali o innovativi, tarati sulle esigenze delle diverse fasce di utenti.

Per concludere, io credo che ICOM abbia contribuito a creare a livello internazionale una condivisione di intenti, suggerendo politiche e strumenti di azione ai governanti, agli amministratori, ai professionisti.

Per declinare questa visione nella realtà di ciascun museo, sulla base della specifica missione e del contesto in cui opera, occorrerà investire soprattutto in capitale umano. Il museo del futuro si realizzerà solo se potrà disporre di professionalità adeguate, tecniche, amministrative, specialistiche; persone competenti, aperte e motivate, in grado di immaginare e governare il cambiamento e di mettere in gioco le proprie capacità di interazione e di relazione dentro e fuori il museo.