Musei statali autonomi italiani e digitale: un connubio non ancora perfetto. Di Marta Paraventi

Marta Paraventi, storica dell’arte, giornalista, docente.

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Sul tema del rapporto tra digitale e musei anche recentemente questa rivista ha ospitato importanti contributi come quello di Christian Greco, Direttore del Museo Egizio di Torino. Il nostro intento è quello di continuare la riflessione su questo argomento strategico e attuale, sulla scia dell’articolo dedicato all’analisi delle attività digitali dei musei autonomi italiani, pubblicato a Maggio 2021 su “Il Giornale dell’arte”, integrandone dati e valutazioni.

A seguito di del DPCM n. 171 del 2014 e successive integrazioni, sono ad oggi quaranta gli istituti museali dotati di autonomia speciale fra musei, parchi archeologici e altri luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale. Si differenziano rispetto al resto dei musei statali poiché sono dotati di autonomia scientifica, finanziaria, contabile ed organizzativa. La nascita dei musei autonomi è stata salutata, nel 2014 come una svolta di livello epocale sia in relazione all’ autonomia complessiva affidata che all’individuazione, per ognuno di loro, di un direttore nominato attraverso un bando internazionale. Azione questa che, fin dagli esordi, ha destato interesse e attenzioni talvolta di proporzioni smisurate e che non sempre ha soddisfatto i buoni propositi perseguiti dal bando, analizzando nel nostro caso, i livelli qualitativi e quantitativi delle azioni digitali messe in campo dai vari direttori.

A distanza quindi di sette anni dalla nascita dei musei autonomi, in piena età pandemica, è nata l’esigenza da parte dell’Osservatorio Digitale di monitorare non l’attività dei direttori e dei musei nella totalità – che spetta ovviamente alla Direzione nazionale musei del MIC – bensì il livello di diffusione e di qualità delle attività digitali degli istituti: quanto cioè queste strutture siano dotate di un piano digitale che sviluppi progetti e relazioni intesi non come espansione o traslazione sul web delle attività “ordinarie” ma perché collocati e pensati in e per un ecosistema totalmente digitale. L’esigenza dell’Osservatorio è nata anche perché il MIC (allora Mibact) si è dotato di un Piano Triennale per la Digitalizzazione e Innovazione dei Musei (2019) e ha commissionato una indagine sul pubblico dei musei durante il lockdown da dove emerge come gli stessi utenti apprezzino la dimensione digitale del museo. Dimensione che non va confusa con l’informazione on line delle attività e le attività di social media marketing.

Monitorando sia le attività social che i servizi on line forniti dai siti web dei musei autonomi (shop on line, newsletter, traduzioni, app, catalogo on line delle collezioni) ma soprattutto le attività pensate in chiave digitale, i risultati sono allarmanti. A parte alcuni casi di eccellenza e di buona gestione, i musei manifestano situazioni non all’altezza dei tempi e dei ruoli (e degli stipendi dei direttori, di gran lunga superiori a quelli precedenti il 2014, i quali si aggiravano sui 1.700 euro netti al mese come dichiarò l’allora direttore della Galleria Borghese Anna Coliva alla Voce di New York nel 2015).

Solo per il 40% dei musei, servizi e piattaforme dedicate digitali.

Alcuni dati pubblicati indicano che non arrivano al 40% i musei che adottano in modo strutturale servizi educativi digitali o piattaforme dedicate: poco più della metà ha il sito tradotto nella sola lingua inglese; se l’80% dei musei autonomi offre la biglietteria online, soltanto il 6% consente la vendita di oggettistica e pubblicazioni tramite web. Sul fronte delle collezioni, è vero che il 63% dei musei ne offre la consultazione su supporto digitale, ma la situazione è molto disomogenea; pochi tour virtuali e scarsa presenza e valorizzazione dello strumento dell’app.

Contestualmente anche l’ Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali del Politecnico di Milano pubblicava nel Giugno 2021 il report sull’innovazione dei musei italiani (senza distinzione di proprietà) dove Eleonora Lorenzini, Direttore dell’Osservatorio milanese, precisava che se però nel primo periodo di emergenza era accettabile un certo livello di approssimazione nella produzione di contenuti digitali, occorre ora investire su prodotti realizzati ad hoc e sulle competenze necessarie per la loro realizzazione, gestione e promozione…Tutto ciò presuppone l’adozione di una logica strategica o almeno sul medio periodo.
Purtroppo sono ancora una minoranza, il 24% (esattamente come un anno fa), le istituzioni che si sono dotate di un piano strategico che comprenda anche l’innovazione digitale.

Il nostro focus intende ora concentrarsi sui quaranta musei proprio perché l’autonomia concessa ai direttori lascia nelle loro mani le politiche di cambiamento e miglioramento di questi istituti e perché su di loro si è concentrata l’attenzione mediatica sia per l’eccellenza mondiale che rappresentano in merito al patrimonio che custodiscono i musei sia per la svolta della politica museale statale, rispetto al passato, compiuta dal Ministro Franceschini.

Un traguardo ancora da raggiungere: dal sito informativo alla fruizione in chiave digitale.

Ebbene, analizzando i siti dei musei autonomi emerge che pochi di loro si siano dotati di un sito web parallelo al sito informativo e esclusivamente dedicato alla fruizione in chiave digitale del museo, intesa come vero e proprio palinsesto complesso e articolato destinato alla valorizzazione dei contenuti e delle collezioni attraverso forme e linguaggi propri del digitale per una consapevole fruizione allargata e più inclusiva del patrimonio del museo solo in modalità on line: sono i Musei reali di Torino con il canale “E’ reale”; la Pinacoteca di Brera con “Brera plus”, che spazia dalla digitalizzazione delle opere allo streaming di concerti e attività all’interno del museo; il Parco Archeologico del Colosseo, che ha aperto nel sito una sezione interamente dedicata al digitale intitolata “Parco on line” che offre anche il report delle attività digitali e social e un finestra video sul restauro dell’arco di Settimio Severo; le Gallerie dell’Accademia di Firenze che hanno aperto una sezione dedicata nel sito ricca di contenuti digitali, compresi i podcast-focus sui capolavori (Radio Accademia), visite virtuali, corsi di formazione on line.

Complessivamente solo il 37% dei musei ha adottato specifiche azioni per svolgere attività e servizi educativi on line e un’analisi più approfondita rileva difformità evidenti da museo a museo. Si va infatti dai casi degli Uffizi che hanno messo a punto una vera e propria complessa strategia di narrazione diversificata per contenuti, target e strumenti, fino a musei che hanno all’attivo poche azioni di interazione digitale con il pubblico come i video narrativi seriali. “Il museo si racconta” della Galleria Nazionale delle Marche di Urbino o i classici video di visita al museo accompagnati dal direttore del Castello di Miramare di Trieste. E solo in rari casi le attività sono mirate a coinvolgere il pubblico in attività digitali: spiccano le Gallerie dell’Accademia di Venezia per l’iniziativa “Mi porto a casa il museo” e tra le tante offerte degli Uffizi, attività come “Aspettando Primavera”. “Un girotondo agli Uffizi” (tour virtuale su prenotazione in varie lingue in italiano, anche in inglese, francese, spagnolo e in Lis, la lingua dei segni italiana) e “Fabbriche di Storie” dove dodici capolavori sono narrati anche da cittadini stranieri residenti in Italia che hanno intrecciato alla storia delle opere racconti che toccano temi universali (i file audio sono in italiano e nella lingua madre di alcuni narratori come arabo, farsi, mandarino, francese e spagnolo). Sul fronte LIS si segnala che il Muciv (Museo delle Civiltà) di Roma e gli Uffizi di Firenze hanno realizzato una serie di video disponibili on line.

Il 50% dei musei si è dotato di APP, ma solo la metà di questi musei (8 su 18) fornisce indicazioni per scaricare le app dal sito web. Molto utile e ben fatta l’app del Museo Real Bosco di Capodimonte che supporta la visita della bellissima mostra “Napoli Napoli…di lava, porcellana e musica” ascoltando la musica della relativa sezione di sottofondo. 

Pochi musei (poco più del 20%) dispongono di questo strumento e in qualche caso utilizzano (bene) le potenzialità di Google Arts and Culture come il Mann di Napoli, la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma e il Museo Real Bosco di Capodimonte. Tra i virtual tour spicca quello dei Musei reali di Torino, mentre la Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma offre virtual tour delle mostre in corso. Non rientra nei tour virtuali ma nelle mostre a tema l’attività delle Gallerie Estensi di Modena che offre all’utente la possibilità di cercare liberamente le opere del museo nella banca dati on line e aggregarle in un percorso di visita da compiere in presenza. È di poche settimane la notizia che il MIC ha emanato un bando internazionale per Direttore del Museo dell’arte digitale (MAD) con sede a Milano, non ancora esistente. Cosa sia non è ancora noto: si parla sulla stampa di un museo che valorizzi le migliori attività digitali dei musei italiani.