Opera: Torso del Belvedere

Copia di scultura

Torso del belvedere (copia in gesso)

Copia

Dimensioni
159 cm in altezza, 79 cm in larghezza, 83 cm in profondità
Tecnica
calco al vero
Materiale
gesso alabastrino
Spazio
Greco e Romano

Originale

Autore
Apollonio di Atene
Data
I sec. a. C.
Periodo
Romano
Dimensioni
159 cm in altezza
Materiale
marmo
Luogo
Città del Vaticano, Museo Pio ClementinoSi apre in una nuova finestra

Foto: Maurizio Bolognini. Proprietà: Archivio Museo Tattile Statale Omero.

Descrizione

“Una meravigliosa quercia abbattuta e spogliata dei rami e delle fronde”, Johann Joachim Winckelmann.

Il Museo Omero possiede una copia al vero del torso in marmo, ritrovato nel cortile vaticano del Belvedere.
Una statua del I secolo a.C. che raffigura un colossale torso maschile nudo, privo di testa, braccia e gambe dal ginocchio in giù, colto nell’atto di compiere una torsione verso sinistra, forse nel tentativo di sollevarsi dalla roccia su cui appare seduto. Lo caratterizza una massiccia muscolatura e una grande attenzione alla precisione nella rappresentazione anatomica.

A causa della sua incompletezza è impossibile identificare il soggetto, ma data la possanza della struttura corporea e della muscolatura si può immaginare che raffigurasse l’eroe mitologico Filottete, Ercole, forse seduto dopo aver portato a termine una delle sue mitiche fatiche, o Aiace Telamonio.

Misteriose sono anche le sue origini e le modalità tramite cui è giunto nel cortile del Belvedere. La grande scultura è firmata da un certo Apollonio figlio di Nestore, che potrebbe indicare il nome dell’autore, se l’opera fosse originale, o il nome di un copista appartenente alla Scuola Neoattica, che si sarebbe forse ispirato ad un bronzo del II secolo a.C.

Il neoatticismo aveva come scopo la rivalutazione delle radici classiche e degli artisti che fecero grande l’arte greca. Gli scultori che vi aderirono furono particolarmente attivi a Roma, dove i patrizi adornarono i loro giardini e le loro ville con le loro opere; si può quasi dire che i romani conobbero la scultura greca tramite le copie create dagli artisti neoattici, i quali successivamente tramandarono il mestiere agli scultori romani.

Molti artisti tra il Rinascimento e il Neoclassicismo ammirarono e studiarono questa scultura, primo tra tutti Michelangelo, che si definì “discepolo del Torso del Belvedere” e che probabilmente si ispirò ad esso per dipingere per esempio gli Ignudi sulle volte della Sistina.