Opera: Testa di Putto

Copia di scultura

Testa di putto (scultura in gesso)

Copia

Dimensioni
39 cm in altezza
Tecnica
calco
Materiale
gesso alabastrino
Spazio
Mimica del volto umano
Itinerante
Quest’opera fa parte della sezione itinerante.

Originale

Periodo
Barocco
Dimensioni
39 cm in altezza
Luogo
Si apre in una nuova finestra

Foto: Maurizio Bolognini. Proprietà: Archivio Museo Tattile Statale Omero.

Descrizione

“Io vidi l’angelo nel marmo e scolpii fino a liberarlo”, Michelangelo Buonarroti.

Nella sezione itinerante “Bello e Accessibile” del Museo è presente una copia in gesso alabastrino di una testa di putto alta 39 centimetri. Non conosciamo il contesto in cui poteva essere inserito.

Capelli morbidi e indomiti con onde spettinate incorniciano il viso e la fronte alta e liscia. Le sopracciglia sono appena accennate, gli occhi sono aperti, ma la posizione delle palpebre ci fa immaginare uno sguardo rivolto verso il basso, anche se le pupille non sono incise. La bocca piccola è semi-aperta e le guance sono tipicamente gonfie come pronte a spruzzar l’acqua dalle fontane.

Il putto ha origini lontanissime nel tempo. Putto deriva dal latino “putus” (ovvero fanciullo) che presenta la stessa radice “pu” di “puer”, che significa bambino.
In epoca greco-romana i putti, generalmente nudi, rappresentano il Dio dell’amore Eros. Gli “amorini” erano già molto apprezzati come squisitamente decorativi negli affreschi, nelle sculture, nelle fontane e nei sarcofagi.

I “putti decorativi” trovano impiego in contesti molto diversi tra loro: allegri e dispettosi nelle scene di vita quotidiana, fieri e solenni per abbellire e statue, malinconici e tristi nel sorreggere le ghirlande dei sarcofagi. Nel Rinascimento, nel Barocco e nel periodo Neoclassico trovano un largo uso per scopi decorativi soprattutto nelle chiese. Un faccino simpatico ed a volte un po’ imbronciato che ci accompagna nei secoli e nei secoli.

Opera attualmente in prestito presso la Rocca Malatestiana di Fano.