Opera: Libertà, monumento a Giuseppe Meloni

Copia di scultura

Libertà, monumento a Giuseppe Meloni (copia in gesso)

Copia

Dimensioni
180 cm in altezza
Tecnica
calco al vero
Materiale
gesso
Spazio
Ancona

Originale

Autore
Galileo Emendabili
Data
1921
Periodo
Novecento
Dimensioni
180 cm in altezza
Materiale
pietra calcarea del Conero
Luogo
Ancona, Cimitero civico

Foto: Maurizio Bolognini. Proprietà: Archivio Museo Tattile Statale Omero.

Descrizione

Galileo Emendabili nasce ad Ancona nel 1898; dopo un periodo di apprendistato presso la paterna bottega di falegnameria, e successivamente presso l’ebanista Augusto Clementi, dove approfondisce l’interesse per il modellato e la figura scolpita, ottiene una borsa di studio che gli permette di studiare ad Urbino, al Regio Istituto di Belle Arti, iscritto alla sezione di scultura, allievo di Domenico Jollo.
In seguito il giovane Emendabili tornò nella sua città natale, dove eseguì alcuni importanti lavori, ammirando con attenzione la scultura di Arturo Martini degli anni Dieci e l’opera evocativa di Adolfo Wildt. Alcune sculture prodotte da Emendabili negli anni Venti risentono la forte influenza di Wildt, del suo stile floreale e simbolista insieme: la “Libertà” è tra queste.

Scolpita nella pietra calcarea del Conero, è direttamente legata ad un fatto accaduto il 18 aprile 1921 in Ancona: una Guardia Regia, corpo di polizia istituito dall’onorevole Nitti, uccise proditoriamente Giuseppe Meloni, un giovane ferroviere repubblicano, pugnalandolo alle spalle. I funerali di Giuseppe Meloni furono imponenti e tutta la città vi partecipò sommessamente: lo scultore Galileo Emendabili ebbe l’incarico di progettare il monumento funebre.

Una misteriosa figura umana, femminile ma che sembra rivelare tratti maschili, è raffigurata in posizione rigorosamente eretta, fermamente poggiante su di un basso parallelepipedo, il quale poggia di rimando sul ceppo funebre, un alto parallelepipedo scolpito con forme svasate e riportante la dedica alla povera vittima.

La postura di questa figura, simbolo della libertà, è assolutamente eretta e rigida, senza indicazioni di moto: la testa, le spalle, il busto e l’intero corpo sono visti frontalmente, la figura è totalmente simmetrica nella sua composizione e nelle sue forme.
La testa, cinta sino le spalle da una lunga capigliatura simile ad un morbido copricapo, è caratterizzata da un volto terribilmente severo, dai tratti somatici taglienti che lo fanno assomigliare quasi ad un indiano; dalle spalle parte una veste molto lunga, che copre l’intera figura sino ai piedi, generando molte pieghe, delicate nel loro plasticismo ma decise e simmetriche, tipiche della scultura e più in generale dell’Art Decò diffuso in quel periodo storico. Le pieghe non sono molto profonde, ma danno visivamente una sensazione di maggiore profondità grazie ad un sapiente uso della forma e dei giochi chiaroscurali che genera.

Le braccia, completamente coperte dalla veste che genera bellissime quanto lunghe e misurate pieghe, sono leggermente allontanate dal busto e piegate verso l’alto, ed entrambe le mani stringono con fermezza due parti di un pugnale, precedentemente rotto a metà. Questo gesto è la chiave simbolica dell’opera: la Libertà, condizione insopprimibile per tutti gli esseri viventi della terra, con fare indignato spezza vigorosamente un pugnale, simbolo della violenza bruta ma soprattutto l’arma che tolse la vita al giovane Giuseppe Meloni.

In sostanza, l’opera è permeata da un forte linearismo decorativo tipicamente Decò, ma forte e sicuro è l’impianto formale e compositivo: si sente la grande passione di Emendabili per la forma e la sua struttura, che però tradisce l’appassionato interesse di Emendabili per la costruzione architettonica, secondo lui “l’ancella delle belle arti”.