Opera: Dama del mazzolino

Copia di scultura

Dama del Mazzolino (copia in gesso)

Copia

Dimensioni
66 cm in altezza, 50 cm in larghezza, 29 cm in profondità
Tecnica
calco al vero
Materiale
gesso alabastrino
Spazio
Medievale e '400
Itinerante
Quest’opera fa parte della sezione itinerante.

Originale

Autore
Andrea Verrocchio
Data
1475 - 1476
Periodo
Rinascimentale
Dimensioni
66 cm in altezza, 50 cm in larghezza, 29 cm in profondità
Materiale
marmo
Luogo
Museo del Bargello, FirenzeSi apre in una nuova finestra

Foto: Maurizio Bolognini. Proprietà: Archivio Museo Tattile Statale Omero.

Descrizione

La “Dama col mazzolino”, talvolta indicata come la Gentildonna dalle belle mani, è una scultura in marmo, realizzata verso il 1475 da Andrea Di Francesco detto Andrea Del Verrocchio e conservata nel museo del Bargello a Firenze.

Al Museo Omero è esposta una copia al vero in gesso alabastrino di circa 60 centimetri di altezza.

Con data attribuita attorno il 1475, la scultura in marmo è celebre per la sua delicatezza nel mostrare il ritratto a tre quarti di busto di una donna, della quale ancora non si conosce né l’identità né le circostanze della committenza.

La donna è elegantemente vestita, stringe sul petto un mazzolino di fiori, la  testa è  impercettibilmente girata verso la  sinistra e il volto sembra impassibile, ma non inespressivo. La capigliatura della dama è caratterizzata da un fitto movimento di riccioli ben sistemati dietro la nuca, e tenuti a posto da una cuffia copre tre quarti della nuca.

L’opera fu certamente innovativa nel panorama della scultura italiana dell’epoca, per l’inusuale taglio della figura all’altezza dell’ombelico e proprio per la presenza delle mani, atteggiate con estrema naturalezza nel gesto delicato di stringere il mazzolino di fiori a sé.

La scultura in marmo è lavorata minuziosamente su tutti i lati, con particolare attenzione riservata alla gestualità delle mani, di grande impatto comunicativo.

Il genere a cui l’opera appartiene è il busto – ritratto tanto in voga nella Firenze della seconda metà del quindicesimo secolo. Esso riportava alla tradizione medievale delle effigi devozionali in cera, e alla più antica attenzione nei confronti del volto umano di romana memoria.

Ma gli elementi che caratterizzano l’opera, tra cui la naturalezza dell’incarnato, la delicatezza del modellato, la minuziosa descrizione dell’abito e dell’acconciatura, si riscontrano nella pittura nordica contemporanea, all’epoca diffusa a Firenze.

Fino al 1882 l’opera venne attribuita a Donatello, poi il Bode assegnò il busto di gentildonna a Verrocchio. L’attribuzione è ormai universalmente accreditata, anche se non sono mancate nella storia critica del busto delle proposte che vogliono vedervi l’intervento di collaborazione di Leonardo.

Opera acquistata con il contributo di Arcus Spa.